Il motivo per cui fai fatica a riconoscere davvero quanto vali

Avete mai fatto caso che la percezione del nostro valore varia in base al contesto in cui ci troviamo?

Ad esempio quando siamo in famiglia potremmo sentirci incompresi e acerbi, quando siamo sul lavoro potremmo sentirci utili e competenti e quando siamo assieme ai nostri amici potremmo sentirci riconosciuti e ammirati.

Noi siamo sempre gli stessi, eppure i riscontri che riceviamo nei differenti contesti sono molto diversi, così come è diverso il modo in cui ci sentiamo. Negli ultimi tempi ho riflettuto molto sul concetto di valore.

 

Per me il valore ha due volti, uno è interno e inviolabile, appartiene alla persona dalla nascita e include il valore potenziale che corrisponde a quanto potenzialmente una persona potrebbe sviluppare nel corso della vita doti sociali, morali, professionali e intellettuali; mentre l’altro volto è manifesto e corrisponde a quanto effettivamente la persona contribuisce nella società a livello sociale, morale, professionale e intellettuale nei diversi contesti.

 Questa definizione apre però la porta ad una serie di variabili che rendono estremamente difficile “misurare” il proprio valore o quello di un’altra persona.

Mi diverte chiamare questa molteplicità “il paradosso del valore di Schrödinger” in onore de “il paradosso del gatto di Schrödinger” che ora vi riassumerò.

Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale ideato dal fisico Erwin Schrödinger (Vienna, 12 agosto 1887 – Vienna, 4 gennaio 1961) con lo scopo di illustrare come la meccanica quantistica (che osserva i fenomeni a livello microscopico, ad esempio atomi e particelle) fornisca risultati incompatibili e paradossali se applicata a un sistema fisico macroscopico (la realtà che l’uomo percepisce attraverso i 5 sensi).

Erwin Schrödinger (Vienna, 12 agosto 1887 – Vienna, 4 gennaio 1961)

 

L’esperimento, che è solo stato teorizzato e non realizzato, consiste nell’inserire un gatto in una scatola insieme ad un impianto che potrebbe attivarsi dopo un tempo indefinito e causare la morte
del gatto, per poi chiuderla in modo tale che non vi si possa vedere all’interno.
Secondo l’esperimento finché non guardiamo nella scatola il gatto sarà contemporaneamente sia vivo sia morto. Solo quando la scatola verrà aperta, e ci sarà quindi un’interazione (io che guardo),
il gatto acquisterà nuovamente uno stato definito (vivo o morto).
Questa condizione potrebbe sembrarvi assurda e incompatibile con ciò che sperimentiamo ogni giorno (anche se noi non lo vediamo, il gatto può essere o vivo o morto, non entrambe le cose in

contemporanea) ma nel mondo microscopico ci sono regole diverse dove il “certo” lascia spazio alle “probabilità”.

 Per collegarci di nuovo al concetto di valore vorrei che vi concentraste in particolare sul terzo paragrafo: Il gatto (quindi il valore della persona) acquista uno stato definito nel momento in cui avviene un’interazione con un osservatore (valore manifesto), quando il gatto si trova nella scatola e nessuno lo osserva torna ad uno stato non definito dove esiste e non esiste allo stesso tempo

(valore interno e potenziale).

 Un esempio ancora più chiaro possiamo farlo con noi stessi:

Io sono la sovrapposizione dei ruoli di: figlia, sorella, professionista… (e molto altro).
Quando interagisco con mia mamma assumo lo stato di “figlia”,
Quando interagisco con mia sorella assumo lo stato di “sorella”,
Quando interagisco con un cliente assumo lo stato di “professionista”,
Quando interagisco con un altro professionista come me assumo lo stato di “collega”.
Quando sono da sola non assumo attivamente nessuno di questi ruoli ma al tempo stesso SONO tutti questi ruoli e tanti altri che devo ancora scoprire.
Lo stesso accade con il valore.

I “ruoli” che assumiamo nella vita sono solo alcune delle tante modalità in cui manifestiamo il nostro valore e in cui questo viene percepito. Il valore manifesto dipende quindi dalla relazione che abbiamo con il mondo esterno e, se per ogni persona assumiamo un ruolo diverso, anche il valore che questi vedranno in noi sarà diverso.

 Per questo motivo è bene tenere a mente due cose molto importanti:

Se in un certo contesto non vediamo riconosciuto il nostro valore, forse non siamo noi ad essere sbagliati ma è il contesto a non essere adatto noi. Altrove potremmo trovare un terreno più fertile per crescere ed essere apprezzati. Il nostro valore interno non cambia in base al contesto ma rimane sempre quello, in quanto è la totalità di tutto ciò che siamo e che potremmo essere.

 A questo proposito ho ricercato l’etimologia della parola italiana “valore” e ho scoperto che questa deriva dal verbo latino “Valeo, vales, valui, valiturum, VALERE” e significa “ESSERE sano, forte,

capace”.

Oltre a quanto detto sul valore manifesto, questa definizione va a sostenere ulteriormente il concetto di valore interno di cui abbiamo parlato.

Il valore non è solo qualcosa che fai, né qualcosa che hai e ti può essere tolto, il valore è soprattutto qualcosa che SEI.

Il valore vero, di cui dobbiamo interessarci davvero quando guardiamo noi stessi, si trova dentro di noi. Se esistiamo abbiamo valore, se il nostro corpo ci consente di compiere delle azioni, di fare esperienza della vita, di respirare… allora siamo esseri di valore.

 Esistere, essere incarnati su questa terra ci rende esseri di valore.

Questa definizione ha avuto per me valore di catarsi. (sollievo e rasserenamento).
Se io sono un essere di valore significa che questo valore nessuno me lo può togliere, non lo posso perdere e non deve essere recuperato.
Anche se dovessi scegliere di non agire, di prendermi una pausa dal mondo e riposare, il mio valore resterebbe ancora lì. Finché sono in vita il mio valore resta, e forse anche dopo.

E questo mi basta? È sufficiente per sanare le mie ferite? È sufficiente per nutrire tutte le mie insicurezze? Forse no, ma è un inizio.

Perché un diamante tenuto nascosto dentro un cassetto rimane sempre un diamante, ma è così bello e così utile (persino indispensabile se inserito nei contesti giusti) che sarebbe davvero un peccato lasciarlo lì a prendere la polvere.

 

Articolo di Alisa Rota, Counselor in formazione Human Project
mail: rotannalisa@gmail.com